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Di solito in sala server ci si congela, ma tutti quei corpi stavano surriscaldando il piccolo spazio chiuso. In cinque o sei alzarono lo sguardo e sorrisero quando Felix li oltrepassò. Due lo salutarono per nome. Lui infilò la pancia tra la calca e i rack, fino ad arrivare all’armadio della Ardent all’altro lato della stanza.
— Felix. — Era Van, che quella notte non era reperibile.
— Che ci fai qui? — disse Felix. — Non serve a nessuno che domani siamo entrambi in coma.
— Come? Ah, no, il mio server personale è laggiù. È caduto attorno all’una e mezza e sono stato svegliato dal sistema di controllo. Avrei dovuto chiamarti per dirti che stavo venendo io, ti avrei risparmiato il viaggio.

Il server personale di Felix invece, condiviso con altri cinque amici, stava in un armadio al piano di sotto. Si chiese se anche quello fosse offline.
— Che succede?

— Un attacco massiccio di flash­worm. Qualche stronzo ha fatto dei test Monte Carlo su tutti i blocchi di IP, inclusi gli IP versione 6 e si è preso tutte le macchine Windows della rete. Tutti i grossi Cisco hanno le interfacce di amministrazione su IPv6 e si inchiodano se ricevono più di 10 test simultanei, il che vuol dire che sono caduti tutti i nodi di interscambio. Anche il DNS è fottuto, come se la scorsa notte qualcuno avesse fatto zone poisoning. Ah, c’è anche un componente email e messenger che invia messaggi realistici ai contatti che si hanno in rubrica e che riesce a sostenere in modo convincente semplici dialoghi in stile Eliza, per indurre le persone ad aprire un allegato con un virus.— Cazzo.— Già. — Van era un sistemista di tipo due, alto più di due metri, capelli raccolti in una lunga coda di cavallo, pomo d’Adamo ballonzolante. Dal suo ampio petto la maglietta diceva SCEGLI LA TUA ARMA e mostrava una serie di dadi poliedrici da gioco di ruolo.

Felix era un sistemista di tipo uno, con una trentina di chili di troppo, tutti distribuiti al centro, e una barba piena e ordinata che cresceva sui alcuni dei suoi menti extra. La sua maglietta diceva HELLO CTHULHU e mostrava uno Cthulhu carino e senza bocca, stile Hello Kitty. Van e Felix si conoscevano da quindici anni, essendosi incontrati prima in Usenet, poi di persona a Toronto per un raduno di Freenet a base di birra; in seguito si erano visti anche a una o due convention di Star Trek, fino a che Van fu assunto da Felix per lavorare con lui alla Ardent. Era affidabile e metodico. Avendo studiato da ingegnere elettrico, teneva una serie di blocchi di carta nei quali annotava tutti i dettagli delle operazioni che svolgeva, completi di data e ora.
— Questa volta non è un PEBKAC — disse Van. Problem Exists Between Keyboard and Chair: il problema è tutto tra la tastiera e la sedia. I trojan mandati per posta rientrano in questa categoria. Se le persone fossero abbastanza intelligenti da non aprire allegati sospetti, i trojan sarebbero una cosa del passato. Ma dei worm che si mangiano router Cisco non sono un problema legato agli utonti, sono un problema legato a ingegneri incompetenti.
— No, è colpa di Microsoft — disse Felix. — Ogni volta che devo lavorare alle due di notte o è per un PEBKAC o è per colpa di Winzozz.

Alla fine scollegarono semplicemente quei dannati router dalla rete. Non fu Felix a farlo, ovviamente, anche se aveva una voglia matta di disabilitare le loro interfacce su IPv6 per poi riavviarli. Fu una coppia di massicci Stronzissimi Sistemisti Infernali che per avere accesso al rack dovettero girare due chiavi contemporaneamente, come le guardie dei depositi missilistici. D’altra parte, il 95% del traffico canadese a lunga distanza passava da quell’edificio. La sicurezza doveva essere maggiore di quella di molti siti missilistici.

Felix e Van rimisero in funzione uno alla volta i computer della Ardent. Erano martellati dalle sonde dei worm: l’aver ripristinato i router aveva esposto agli attacchi i rack situati a valle. Ogni computer in Internet o stava affogando, sommerso dai worm, o li stava diffondendo, oppure faceva entrambe le cose. Fu soltanto dopo un centinaio circa di timeout che Felix riuscì a raggiungere NIST e Bugtraq e a scaricare un aggiornamento del kernel che avrebbe dovuto ridurre il carico che i worm generavano sulle macchine in sua gestione. Erano le dieci di mattina, ed era tanto affamato da volersi mangiare le suole delle scarpe, ma ricompilò i suoi kernel e riportò le macchine online. Le lunghe dita di Van volavano sulla tastiera di amministrazione e la lingua gli spuntava dalle labbra mentre lanciava su ciascun computer i programmi di diagnostica.

— Avevo duecento giorni di uptime su Greedo — disse Van. Greedo era il server più vecchio dell’armadio, risaliva al tempo in cui battezzavano i computer secondo i personaggi di Star Wars. Poi erano passati ai Puffi e, visto che anche i Puffi erano finiti, avevano iniziato con i personaggi di McDonaldland: il primo era stato il portatile di Van, il Maggiore McCheese.
— Greedo risorgerà — disse Felix. — Ho un 486 giù da basso che ha oltre cinque anni di uptime. Mi spezza il cuore doverlo riavviare.
— Per che straminchia lo usi un 486?
— Per niente. Ma come si fa a spegnere una macchina con cinque anni di uptime? È come staccare la spina a tua nonna.
— Voglio andare a mangiare — disse Van.
— Senti un po’. Che ne dici se rimettiamo in piedi il tuo computer, sistemiamo il mio e poi ti porto al Lakeview Lunch? Dopo che ci siamo fatti una pizza puoi prenderti il resto della giornata.
— Ci sto — disse Van. — Sei troppo buono con noi merdine, capo. Dovresti buttarci in un pozzo e picchiarci come fanno gli altri boss. Ce lo meritiamo.
— Ti suona il telefono — disse Van. Felix si sollevò dalle interiora del 486: dopo averlo spento non c’era stato verso di riaccenderlo. Aveva anche scroccato un alimentatore di riserva da certi tizi, spammatori, che stavano cercando di rimettere in piedi la loro baracca. Lasciò che Van gli raccogliesse il cellulare e glielo porgesse. Gli era caduto dalla cintura mentre si contorceva per raggiungere il retro della macchina.
— Ehi, Kel — rispose. Si sentiva un rumore strano e al tempo stesso indecifrabile. Statica? 2.0 che faceva il bagnetto? — Kelly?
La linea cadde. Cercò di richiamare, ma senza alcun risultato, né squilli né segreteria. Il telefono andò prima in timeout, poi apparve ERRORE DI RETE sul display.
— Dannazione — disse, ma senza astio. Riagganciò il telefono alla cintura. Kelly probabilmente voleva sapere quando sarebbe tornato a casa, oppure voleva che passasse a comprare qualcosa. Avrebbe lasciato un messaggio in segreteria.

Stava testando l’alimentatore quando il cellulare squillò di nuovo. Lo afferrò e rispose. — Kelly, ehi, che succede? — Si sforzò per far sparire dalla voce ogni traccia di irritazione. Si sentiva in colpa: tecnicamente parlando, aveva terminato i suoi obblighi con la Ardent Financial LLC l’istante in cui i loro server erano tornati raggiungibili. Le ultime tre ore le aveva spese esclusivamente per scopi personali, anche se era intenzionato ad addebitarle all’azienda.

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