Un uomo dall'aspetto non occidentale si avvicina ad un banco della frutta in un mercato rionale.
L'uomo osserva per qualche istante il banco, dice qualcosa al fruttivendolo, poi prende una mela. Scambia ancora qualche parola mentre soppesa la mela.
Ad un tratto si volta verso la strada, guarda ancora un attimo il commerciante, poi inizia a correre furiosamente.
Il fruttivendolo alza la mano, poi la porta alla bocca e grida qualcosa all'uomo in corsa.
Assistono a tutta la scena alcune persone che però, essendo distanti, non riescono a sentire le parole dell'uomo e del commerciante.
Una di queste persone è un giornalista attivo politicamente, il quale prende immediatamente appunti per un articolo sulla disperazione degli extracomunitari e sulla necessità di regolamentare l'immigrazione.
Anche un altro giornalista assiste alla scena, e si appresta a telefonare immediatamente in redazione per raccontare il fatto di cronaca a cui ha appena assistito: un uomo inganna con le parole un ignaro commerciante per rubargli una mela e fuggire indisturbato tra la folla indifferente.
Anche una signora anziana ha osservato la scena e, rientrando a casa, incontra la vicina e le racconta di aver visto un pover'uomo rischiare la galera e il linciaggio per una mela rubata al banco della frutta. Probabilmente non mangiava da giorni, poverino.
Un uomo, militante di un partito politico estremista, tenta di rincorre il maledetto negro, ma questi balordi corrono più delle gazzelle. Saprei io come sistemarli questi ingrati, dice ad alta voce. Altro che la galera questi parassiti, dopo che li ospitiamo, diamo loro da mangiare e da dormire, ci vengono anche a rubare il pane dalla bocca! E si allontana tutto nervoso, pensando già a come organizzare una rappresaglia al centro accoglienza distante pochi isolati dal mercato.
Qual'è la verità?
La realtà è che Rahim (l'uomo che ha preso la mela) è un italiano figlio di immigrati regolari.
Rahim è andato da Giovanni, il solito fruttivendolo da cui si reca la moglie quasi tutte le mattine.
Arrivato al banco si complimenta con Giovanni per la freschezza e la bontà della sua frutta. Dopodiché gli chiede se può prendere una mela e farla poi pagare alla moglie che passerà di lì in mattinata per fare la spesa, perché lui è in ritardo.
Proprio in quel momento si accorge che il bus che lo porterà in ufficio sta arrivando, così saluta frettolosamente il commerciante e si mette a correre.
Giovanni alza la mano per salutarlo, poi la porta alla bocca e grida "salutami i bambini!".
E che c'azzecca il titolo con questo racconto?
È tutto maya, ma non la civiltà vissuta in centro America fino al 1600 circa.
Ma il maya, anzi māyā, di una corrente filosofica indiana. Nell'articolo intitolato "La realtà e i suoi veli" provo a riassumere il significato. Nulla di noioso secondo me. Prova a dargli un'occhiata.
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