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E' una allegoria raccontata da Platone all'inizio del libro settimo de "La Repubblica" (514 b – 520 a).Ha catturato il mio interesse perchè è un racconto incredibilmente attuale, probabilmente preso come spunto dalla letteratura e cinematografia mondiale.
Prenditi 5 minuti e leggi con interesse, sono sicuro che lo troverai illuminante.
Immagina dei prigionieri che siano stati incatenati, fin dall'infanzia, nelle profondità di una caverna. Non solo le membra, ma anche testa e collo sono bloccati, in maniera che gli occhi dei malcapitati possano solo fissare il muro dinanzi a loro.
Pensa, inoltre, che alle spalle dei prigionieri sia stato acceso un enorme fuoco e che, tra il fuoco ed i prigionieri, corra una strada rialzata. Lungo questa strada sia stato eretto un muricciolo, lungo il quale alcuni uomini portano forme di vari oggetti, animali, piante e persone. Le forme proietterebbero la propria ombra sul muro e questo attrarrebbe l'attenzione dei prigionieri. Se qualcuno degli uomini che trasportano queste forme parlasse, si formerebbe nella caverna un'eco che spingerebbe i prigionieri a pensare che questa voce provenga dalle ombre che vedono passare sul muro.
Mentre un personaggio esterno avrebbe un'idea completa della situazione, i prigionieri, non conoscendo cosa accada realmente alle proprie spalle e non avendo esperienza del mondo esterno (ricorda che sono incatenati fin dall'infanzia), sarebbero portati ad interpretare le ombre "parlanti" come oggetti, animali, piante e persone reali.
(Continua nella prossima pagina...)
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